Ecco,
è una vecchia storia ma la metafora ha una sua grazia e mi piace
pensare di essere quell'amico. L'amico che ti scuce delicatamente il
vestito e che ti aiuta nella scoperta di quello che c'era e c'è
sempre stato: il potenziale creativo. Che prende forma in un testo,
in questo caso. Forse non ci siamo accorti, o abbiamo dimenticato che
al suo interno c'è la ricchezza: una storia da cui partire, per il
viaggio della creazione... E forse anche questa piccola storia del
gioiello nella veste parla di tutte le nostre storie teatrali e di
come le raccontiamo: scucendole delicatamente in superficie e
rivelandone il tesoro.
Il
percorso iniziato l'anno precedente si conclude quest'anno e il
lavoro sull'improvvisazione si rivela funzionale alla comprensione
dell'architettura profonda del testo, permettendoci di porci le
domande fondamentali: chi è il mio personaggio? Chi è l'altro? Che
relazione c'è fra di essi? Dove siamo in questo momento (del nostro
racconto scenico)?.
La
risposta non sarà allora semplicemente verbale ed intellettuale, ma
data dal comportamento concreto dell'attore che entra in questo gioco
“come se” fosse vero. E' così che un testo che, fatalmente ci
appare in un primo momento come una sequenza di parole più o meno
belle, ma comunque astratte, comincia a raccontare, attraverso il
lavoro degli attori, storie, personaggi e situazioni. Allora il testo
diventa vivo nello spazio scenico.
Applicheremo
dunque il lavoro già sperimentato l'anno precedente a testi
contemporanei o classici, che ci permettano di fare, concretamente,
questo pezzo di strada.
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